ORIGINI STORICHE

... L'umiltà con pazienza
fa l'umil sempre esaltare,
se ne vede esperienza:
Firenzuola per Fiorenza
or fiorisce, cresce e 'nnalza,
e per segno e fede calza
il Broncone degno d'onore

Canto Carnascialesco 1400 circa

Firenzuola è un borgo medievale incastonato nell’Appennino Tosco-Romagnolo e circondato da un fitto tessuto territoriale di borgate minori, frazioni e case solitarie che contribuiscono a renderlo uno dei comuni più estesi dell’ormai persa Romagna Toscana.

Nonostante le diverse difficoltà incontrate nel corso dei secoli, Firenzuola non smentisce i suoi natali battaglieri trasformandosi secondo le esigenze dei tempi e rimanendo tutt’ora limpido esempio di innovazione, tradizione e passione per i boschi e la natura di cui è ricca.

Il comune deve infatti la sua fondazione come presidio a protezione del più importante snodo di collegamento transappenninico medievale che collegava Firenze alla Romagna e, soprattutto, a Bologna. Agli albori del 1300 Firenze è una città in guerra, smossa dai conflitti intestini della scissione interna tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri; innumerevoli furono gli esiliati dalla città, in particolare della fazione dei Bianchi, che trovarono sostegno morale e militare nella potente famiglia degli Ubaldini.

Gli Ubaldini, da cui deriva il nome medievale del distretto del Santerno “Alpes Ubaldinorum”, erano una potente e ambiziosa famiglia di origini Fiorentine che nel corso di due secoli aveva esteso i propri domini sul Mugello, toccando da Barberino del Mugello fino a Borgo San Lorenzo, l’alta val di Sieve, l’area del Santerno e diramazioni fino al cuore dell’Appennino Bolognese, nonché in ultimo possedimenti in Umbria e nel Montefeltro. Questo vastissimo territorio era tenuto controllato da una rete di castelli, rocche, avamposti militari dislocati tra le varie vette dell’Appennino, che rendevano il Feudo quasi impenetrabile. Una Signoria forte, coesa, con grandi capacità militari che prese la fama di accogliere criminali e di patrocinare il brigantaggio ai danni delle carovane commerciali che seguivano la tratta che si snodava nel territorio appenninico.

Firenze aveva interesse a rovesciare il casato, sia per le due imponenti dimensioni e risorse, sia che per l’allineamento politico di alta fedeltà all’Imperatore che li fecero aderire nel 1251 alla Lega Ghibellina di Toscana, in aperto conflitto con la grande Repubblica; furono quindi avanzate pesanti pretese sul territorio del Mugello da parte dei dirigenti fiorentini, che ne rivendicavano il possesso. Nell’estate del 1302 la fazione dei Bianchi, i Ghibellini Romagnoli e gli Ubaldini siglarono un’alleanza militare attraverso l’accordo di San Godenzo; il castello ubaldino di Montaccianico divenne punto focale nella feroce battaglia che vedeva Bologna e Pistoia schierate insieme ai Signori Mugellani contro i Neri Fiorentini ed i loro alleati.

Inizia qui il declino della casata Ubaldina. Dopo la caduta di Pistoia e il voltafaccia di Bologna la Signoria si trova sola a fronteggiare la furia fiorentina, perdendo il suo castello principale a Montaccianico e piegandosi ad una resa formale nel 1309. Giusto il tempo di ritirarsi tra le montagne e riorganizzare le forze militari che la famiglia Ubaldina riprende le armi contro Firenze, schierandosi a favore dell’imperatore Arrigo ed arrivando a saccheggiare la stessa Repubblica più volte nei successivi 40 anni, risollevando le armi ad ogni occasione per riparare all’onta della prima perdita. La rovina del caparbio casato fu la perdita della coesione interna, che frantumò la famiglia in rami secondari arrivando alla definitiva sottomissione alla Repubblica di Firenze nel 1373 dopo quasi centoventi anni di ostilità e guerra.

A cavallo di quegli ultimi anni turbolenti fu costruita e fortificata la rocca di Firenzuola (iniziata nel 1332 e finita nel 1371), rinominata in dallo storico Giovanni Villani “la piccola Firenze”, che mise definitivamente una pietra sopra ai raziocini compiuti dai briganti, all’insicurezza del lungo percorso commerciale e ad un casato signorile di montagna che aveva tenuto testa alla potentissima Firenze.

Dal 1377 la Rocca divenne sede e residenza ufficiale del Podestà di Firenzuola, incaricato di amministrare l’area e gestire la giustizia per conto della Repubblica fiorentina.

Nel Quattrocento, su ordine della famiglia de Medici di Firenze, Firenzuola fu completamente ristrutturata ed aggiornata, disegnata secondo il progetto di città ideale fortificata atta a proteggersi dagli attacchi con armi da fuoco; la cinta muraria fu irrobustita, la Rocca ampliata e dotata di nuovi armamenti ed il centro abitato riorganizzato al meglio. A sovrintendere ai lunghi lavori di rinforzi di Firenzuola, coronati nel 1502, fu Sangallo il Vecchio, famoso architetto e genio di fortificazioni.

Purtroppo poco del grandioso lavoro quattrocentesco è giunto noi: il Comune di Firenzuola venne raso al suolo dai bombardamenti alleati il 12 settembre del 1944 e lentamente ricostruito da zero in seguito. Solo le mura risorgono in più punti a delineare l’antica cinta del borgo.

Alla scomparsa della famiglia de Medici, il destino del Granducato fu deciso a Firenzuola: qui nel 1736 presso la “Locanda della Scala” posta al centro di Firenzuola i potenziali successori si incontrarono decidendo di lasciare l’eredità ai Lorena di Casa d’Austria.

Il Comune di Firenzuola fu costituito durante il governo illuminato di Pietro Leopoldo di Lorena a comando del Granducato di Toscana (1765-1790). Nei piani di migliorie agricole ed infrastrutturali toscane Firenzuola si ritaglia uno spazio di fulgido esempio applicativo: vengono commissionati e costruiti innumerevoli ponti, di cui un esempio splendido sopravvissuto è il Ponte della Pieve di Ca’Maggiore della frazione di Coniale, nonché incentivata una vasta rete di mulini ad acqua che caratterizzerà nei secoli futuri lo sviluppo di nuove piccole borgate in tutto il territorio.

Firenzuola non manca di aver contribuito ai natali di illustri personaggi che hanno contribuito a dare lustro al Comune, come ad esempio Antonio da Sangallo il Vecchio (1484-1546), Agnolo di Ser Bastiano Giovannini, detto "Il Firenzuola"(1493-1543), Evangelista Torricelli (1608-1647) la cui attribuzione è controversa, Antonio Bacci (1885-1971) e Tito Casini (1897-1987).

Quella della Seconda Guerra Mondiale è una piaga che lascia ancora evidenti segni sul territorio. Sono innumerevoli gli edifici antichi e popolari rimasti quasi del tutto invariati da allora in cui, con un poco di accortezza, si riescono a leggere i segni della Linea Gotica; inferriate alle finestre distorte, fori neri e scheggiati di proiettile su antiche porte di legno e tanti racconti di inestimabile valore che vengono ancora tramandati in casa. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 Firenzuola si ritrovo sul fronte interno della ritirata tedesca; quei territori che bene avevano protetto gli Ubaldini a distanza di secoli rappresentavano ancora limiti naturali non indifferenti per le forze alleate composte da americani (V Annata guidata dal generale Clark) e inglesi (VIII Armata guidata dal generale Leese).

Il 17 settembre le difese tedesche cedettero dopo una sanguinosa battaglia e gravissime perdite e gli Alleati conquistarono il Passo del Giogo, per poi liberare velocemente il territorio circostante a Firenzuola dove misero piede alle ore sedici del 19 settembre. Della cittadina, purtroppo, erano rimaste solo macerie.

A memoria e monito del conflitto sorgono nel comune due cimiteri memoriali, il Cimitero dei Tedeschi presso la Futa ed il Cimitero degli Inglesi nella frazione di Coniale. A raccogliere l’eredità popolare della guerra è invece il Museo storico Etnografico di Bruscoli, in cui sono custodite testimonianze e residuati bellici che trovano il loro posto nel lungo percorso storico ricco di avvenimenti che viene riproposto dal museo.

Questa terra di battaglie, caparbia ed orgogliosa, non manca di sorprendere ed è sede ancora oggi di due delle maggiori risorse tradizionali che sopravvivono da tempi immemori e su cui si basa da sempre l’economia locale: la Pietra Serena e i castagni.

La Pietra Serena è la pietra di Firenze: ne sono ricoperti i palazzi nobiliari, i selciati e gli interni. Caratterizzata da una colore azzurrino unico e da un grande pregio estetico architettonico, è in uso da sempre nella storia della zona di Firenze e del Mugello. Ad oggi quasi l’intera produzione di Pietra Serena deriva da Firenzuola che vanta una lunga tradizione di scalpellini ed artisti che per secoli hanno portato avanti la tradizione artistica, culturale ed economica caratterizzante questo territorio. Il lavoro di estrazione e di rifinitura è un processo faticoso, articolato e soprattutto molto delicato. Osservando i manufatti arrivati fino a noi, come la Madonna di S. Pellegrino o il ciborio della Chiesa dei SS. Domenico e Giustino di S. Pellegrino, viene quasi difficile associare un lavoro tanto raffinato e preciso con l’ambiente polveroso, rumoroso e pericoloso tipico del lavoro in cava nei secoli. Prima dell’avvento dei macchinari automatizzati, che ad oggi ancora non posso sostituire l’accortezza artigiana di chi li guida, sono gli strumenti del mestiere custoditi nel Museo della Pietra Serena di Firenzuola a restituirci un immaginario realistico dei cavatori e del loro vivere; un filo di memorie documentate che ripercorre l’evoluzione della tradizione. Il Museo, inaugurato nel 1999, trova alloggio nel basamento della Rocca di Firenzuola quasi fosse il suo cuore, a ricordare continuamente le radici da cui si innalza oggi come allora il lavoro sempre prezioso e specializzato di cavatori e scalpellini.

Accanto alla continua innovazione ed alla sofisticazione della lavorazione della pietra Serena si mantiene salda la tradizione della coltivazione delle castagne. Alle prime nebbie d’autunno da centinaia di anni l’aria intorno a Firenzuola si riempe dell’odore peculiare delle foglie bruciate nei castagneti, indice silenzioso di un lavoro che tutt’ora anno dopo anno viene portato avanti con la stessa passione. Il Castagno, caratteristico delle zone comprese tra 300 e 1000 m slm, gode da sempre di apprezzamento e considerazione; viene citato già in documenti risalenti al IV secolo a.c. dove viene definito “albero del pane” da Senofonte, cosa che non sorprende se si pensa alla versatilità del prodotto. La sua coltivazione venne migliorata nei secoli medievali dagli ordini monastici, che si preoccuparono di mantenere viva la tradizione di coltivazione che stava perdendo considerazione in favore della coltivazione dei cereali. Da frutto identificato come “plebeo” ed evitato alle corti medievali viene poi rinobilitato con il nome di Marrone, che ne identificava una varietà domestica di maggiori dimensioni, e ne attribuiva qualità afrodisiache. La particolare composizione del terreno dell’alto Mugello ha permesso l’identificazione di una specie particolare e prelibata di Marrone riconosciuta in tutta Italia: ad oggi Firenzuola custodisce innumerevoli castagneti, dagli storici ultracentenari non più in produzione alle coltivazioni pregiate operative con le tecniche artigianali.

Il “Marrone” si declina in tantissimi prodotti tipici che vanno dalle prime bruciate fino alla lavorazione della farina di castagne, che richiede una lenta e laboriosa essiccazione a mano fatta artigianalmente nei seccatoi garantendo un prodotto interamente firenzuolino e tradizionale. Nonostante negli ultimi anni le coltivazioni dei castagni siano state devastate dal Cinipide, un parassita di origine cinese che provoca la morte dell’albero, nel 2015 si è notata una netta ripresa del settore anche a seguito delle accorte misure di mantenimento della flora e lotta al Cinipide ecologiche e biocompatibili messe in atto nella zona.